Perché sui libri l’Europa non fa sconti

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Lettera degli editori indipendenti

Da giorni il Presidente di Aie, Ricardo Franco Levi, tuona contro l’approvazione della Legge per la promozione della lettura, avvenuta al Senato con una straordinaria unanimità politica.
Levi tuona in particolare contro l’articolo 8, che prevede una maggiore delimitazione degli sconti sul prezzo di copertina dei libri. Dipinge un quadro funesto, evocando cifre indimostrabili. A noi sembra necessario quanto urgente far chiarezza. Perché il presidente dell’Aie, non sembra invece granché preoccupato dalle centinaia di librerie che negli ultimi 5-6 anni hanno dovuto chiudere in Italia.
Quante precisamente? Difficile dirlo, dipende dai criteri che si adottano. Per Confcommercio sono più di 2000, per l’Aie circa 250. In ogni caso troppe. Ma quelli non sono fatturato e posti di lavoro persi? E poi, chiariamo, la nuova legge limita la sola possibilità di applicare sconti sulle novità, abbassandoli dal 15 al 5%, mentre rimane aperta la possibilità delle promozioni con sconti fino al 20%.
Sotto il profilo strettamente economico, questa legge nasce da una attenta valutazione sulle drammatiche conseguenze registrate in dieci anni di “sconti selvaggi”. Chi può applicare “de facto” lo sconto fisso del 15% sempre e comunque? I grandi editori, ma ancor più i grandi rivenditori. Come mai in tutta Europa – in tutta Europa! non si applicano sconti – Germania – o si applicano sconti massimi del 5% sulle novità – Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Paesi Nordici eccetera? Per due convergenti principi fondamentali. Il primo: la garanzia della libera concorrenza.
Se la possibilità di effettuare sconti riguarda e avvantaggia solo una parte, quella economicamente più forte, non c’è equità. Di più, non ci sono le condizioni stesse del pluralismo, editoriale e quindi culturale. Non lo diciamo noi, lo ha detto, già nel 2002 il Parlamento europeo raccomandando gli Stati membri di adottare provvedimenti sul prezzo fisso del libro.
Il secondo: la garanzia della libertà di stampa e diffusione dei contenuti. In Italia, la distribuzione editoriale è fortemente concentrata in pochissime mani. Le stesse che possiedono anche decine di sigle editoriali di primaria rilevanza economica, e possono agilmente recuperare i costi di questi sconti. Gli altri no.
Su molte altre cose siamo d’accordo con Levi. Anche perché, diciamolo, da anni gli editori indipendenti hanno richiamato l’attenzione su punti chiave che caratterizzano la legge: non li ripetiamo per brevità. Siamo, ad esempio, ovviamente d’accordo che sarebbe utile introdurre detrazioni fiscali per l’acquisto di libri, come previsto nel testo della proposta di legge, a prima firma Sandra Zampa, presentata nella scorsa legislatura e ispirata dall’Osservatorio degli editori indipendenti.
Vorremmo infine ricordare che Adei – che rappresenta 240 editori fra cui, solo per fare qualche nome, e/o e Fazi, Iperborea, Minumum Fax, Astrolabio, Babalibri, Marcos y Marcos – assieme ad altre Associazioni tre anni fa sventò la chiusura del Salone del Libro di Torino, che rischiava il ko a causa di una nuova manifestazione fortemente voluta da Aie e poi costretta a chiudere. E infine ricordiamo che il prezzo dei libri è fisso. Lo fissano gli editori. Con sconti equi e regolamentati, i prezzi potranno finalmente scendere. A vantaggio dei lettori, e non solo dei grandi gruppi editoriali.

L’intervento a favore dei piccoli
La legge sul libro e la lettura è stata criticata da alcuni editori, a partire dal presidente dell’Associazione italiana editori, Ricky Levi. Il dibattito si è aperto con Alessandro e Giuseppe Laterza, favorevoli alla legge Marco Zapparoli e Andrea Palombi, presidente e vicepresidente dell’Associazione degli editori indipendenti, rispondono alla lettera di Levi pubblicata sabato su Repubblica.

“La Repubblica”, 11 febbraio 2020